L’approvazione del disegno di legge Cirinnà
sul riconoscimento delle convivenze di fatto e delle unioni civili tra persone
dello stesso sesso avrà delle conseguenze negative di rifiuto della libertà di
religione e di oppressione per la vita della religione cattolica in particolare.
Quando l’autorità politica disciplina una qualche realtà di fatto le conferisce
un riconoscimento non solo giuridico ma anche politico. Col riconoscimento
giuridico, l’autorità politica dichiara che quella situazione di fatto è buona,
apprezzabile ed utile per il bene comune e per questo esprime una serie di
diritti delle persone coinvolte che lo Stato deve proteggere e promuovere. Nel
caso delle unioni tra persone dello stesso sesso, il riconoscimento giuridico
implicitamente afferma che esse sono utili per il bene comune e, quindi, che lo
Stato d’ora in avanti proteggerà e promuoverà i diritti personali che ne
nascono. Non si tratta di situazioni eccezionali tollerate per motivi
particolari. Questo è il passaggio che stanno avendo tutte le questioni
cosiddette “etiche”, come per esempio l’aborto o, appunto, le unioni tra
omosessuali: dallo stato di eccezione alla normalità di diritto.
E’ evidente, per questo motivo, che lo Stato,
una volta approvata la legge, dovrà pretendere in tutti i campi l’equiparazione
tra unione civile e matrimonio. Non potrà tollerare, almeno di diritto se non
di fatto, zone extraterritoriali in cui tale equiparazione non venga rispettata
e le coppie unite da matrimonio omosessuale vangano discriminate. Proprio
questo collide con il principio della libertà di religione soprattutto nel
campo dell’educazione, in quello della solidarietà e, infine, in quello
strettamente ecclesiastico.
Nelle scuole pubbliche statali diventerà
obbligatorio educare ad una sessualità non solo eterosessuale ma anche omosessuale.
La Cirinnà non ne parla direttamente, ma è facile capire che, senza aspettare
l’eventuale approvazione del ddl Fedeli che riguarda l’insegnamento gender
nelle scuole statali, già essa pone le basi per questo obbligo. Obbligo da
estendersi a tutto il sistema scolastico pubblico, comprese le scuole paritarie
cattoliche o di altro orientamento filosofico o religioso. Le maglie si
stringeranno e le scuole paritarie cattoliche non potranno opporsi all’obbligo
di insegnare pariteticamente i vari modelli di sessualità, di famiglia e di
genitorialità che lo Stato ha riconosciuto come legali e quindi come portatori
di benefici per il bene comune. Le scuole paritarie cattoliche non riflettono a
fondo su questo imminente pericolo. Lo fanno però alcuni genitori che si stanno
già attrezzando in scuole parentali. Sappiano però che anche questa via, che la
legislazione odierna permette, potrebbe domani essere sbarrata. Di recente il
ministro della pubblica istruzione del Belgio ha detto che intende impedire che
i genitori possano sottrarre i figli alla scuola statale per motivi
confessionali. Come oggi lo Stato impedisce ai genitori di esonerare i figli
dai corsi sulla sessualità e contro il bullismo omofobico appaltati alle
associazioni LGBT, domani potrebbe impedire loro di istruire i figli a casa.
Uguale discorso va fatto per le molteplici
realtà religiose nel campo della carità sociale. Come un consultorio cattolico
fatica a non emettere la certificazione che fa transitare le donne verso
l’aborto legale pena il taglio dei finanziamenti, così diventerà presto
impossibile rifiutarsi di dare in affido o in adozione un bambino di strada ad
una coppia omosessuale. Le Suore di Madre Teresa si rifiutano di farlo, ma su
questo terreno la strada sarà per tutti in salita. Il braccio di ferro tra la
Chiesa americana e la riforma sanitaria del presidente Obama insegna.
In un ambito più strettamente ecclesiastico,
è altrettanto chiaro che affermare in pubblico da parte di un sacerdote o di un
uomo di Chiesa un insegnamento religioso o morale lesivo dell’uguaglianza tra
unione civile omosessuale e matrimonio naturale diventerà ben presto reato. Per
l’Italia non sarà necessario aspettare l’approvazione del ddl Scalfarotto. Già
la Cirinnà pone le basi per tutto questo. In Francia, se un sacerdote
dall’ambone critica una legge dello Stato rischia da 3 a 6 mesi di reclusione.
Non credo sia per questo che in Italia non si sente più nessun sacerdote che in
un’omelia parli di aborto o di omosessualità, però il problema esiste ed è
senz’altro lesivo della libertà di religione. Abbiamo già avuto il caso di
qualche vescovo costretto ad asseragliarsi in episcopio per aver detto che
l’omosessualità è un disordine, in futuro vescovi di questo tipo, se ce ne
saranno ancora, potrebbero subire pressioni più gravi.
Del resto, la legge Cirinnà non parla in
nessun caso di diritto all’obiezione di coscienza per motivi morali o
religiosi. Un insegnante di scuola cattolica o un catechista di parrocchia non
potrà fare obiezione di coscienza davanti all’imposizione di parlare in un
certo modo dell’omosessualità. E, se non farà, come è probabile che avvenga in
ampia misura, una preventiva censura condiscendevole verso i nuovi
orientamenti, incontrerà seri guai. Come oggi viene licenziata una farmacista
di una farmacia comunale che si rifiuti di vendere la pillola del giorno dopo
perché potenzialmente abortiva, così in futuro un insegnante o un catechista
subiranno pressioni ed angherie per aver continuato ad insegnare quanto è
diventato proibito. La Chiesa diventerà Chiesa del silenzio oppure, se vorrà
convivere senza essere perseguitata, dovrà non entrare più in nessuno di questi
argomenti.
L’attacco è alla libertà di religione in
generale, però sarà soprattutto la Chiesa cattolica a pagare. Le comunità
luterane e protestanti non subiranno particolari angherie dal nuovo sistema di
dominio in quanto su questi temi non hanno una dottrina né un’autorità
religiosa che la faccia valere. Le varie
correnti protestanti – pur con le dovute eccezioni – si integrano abbastanza
facilmente in quanto il mondo desidera da loro. Molte di esse hanno già
accettato il “matrimonio” tra persone dello stesso sesso. Le comunità
islamiche, che sono contrarie a queste leggi, vengono comunque tollerate dai
poteri politici che tendono a non infastidirle, avendone anche paura. Alla fine
non rimangono che i cattolici, non tutti dato che la secolarizzazione ha
influenzato molto anche la Chiesa cattolica, come dimostrato dalle recenti
inopinate aperture anche di personalità ecclesiastiche all’approvazione della
legge Cirinnà e quindi al riconoscimento delle unioni civili tra persone
omosessuali.
Il futuro sarà duro per la libertà di
religione e specialmente per la libertà religiosa dei cattolici che vogliano
rimanere fedeli alla propria dottrina e tradizione. Ad essi verrà
progressivamente impedito di stabilire un nesso vitale tra la propria religione
e la costruzione della comunità politica e saranno spinti sempre di più verso
una religione privata, dato che per Dio non c’è più nessuno spazio pubblico. Se
la fede non si congiunge con la ragione almeno sui temi del matrimonio, della
famiglia e della procreazione, tutti frutti della creazione, essa perde
qualsiasi pretesa e possibilità di esprimersi in pubblico.
Stefano
Fontana - Direttore dell'Osservatorio internazionale Cardinale Van Thuan sulla
Dottrina sociale della Chiesa
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